Sthira e sukham, quante volte ci hai pensato, le asana devono essere praticate con sthira e sukham…si, cioè che cosa devo fare in pratica?!
Uno dei sutra di Patanjali che sono certo avrai sentito nominare innumerevoli volte è il 46imo del 2° capitolo (Sadhana Pada, il capitolo sul metodo o pratica). Questo sutra recita:
स्थिरसुखमासनम् ॥४६॥
sthira-sukham-āsanam
la postura (āsanam) è stabile (sthira) e confortevole (sukham)
Chiaro no? 😉
Ogni sutra è come un diamante intagliato, che inclinato con diversa angolazione rispetto alla luce che illumina le sue facce, ci regala una delle differenti tonalità di un arcobaleno infinito.
Vediamo quindi adesso come possiamo interpretare e declinare questo sutra nella nostra pratica di tutti i giorni per poterne trarre il meglio, ma prima permettimi un breve preambolo…
vuoi leggere subito i consigli pratici? li trovi in fondo all’articolo
Praticare yoga è un percorso di crescita personale che non ha mai fine.
La mia pratica quotidiana rappresenta una cartina tornasole del mio stato fisico ed interiore in quel determinato giorno, ma anche un’occasione di crescita. Una verifica dei miei limiti e anche un’opportunità per superarli.
Non tutti i giorni sono uguali, così come le mie gambe non hanno entrambe la medesima elasticità e flessibilità. Ascolta il tuo corpo mentre lasci che il respiro ti guidi nel fluire da un’asana all’altra, è lui il tuo vero guru.
Ogni giorno, dicevo, ha in se la possibilità di giocare con i propri limiti ed il potenziale di insegnare qualcosa di nuovo o di scoprire un nuovo aspetto di qualcosa che credevo di avere imparato a pieno. Lo yoga è come una cipolla, per arrivare al cuore della pratica occorre passare da ogni singolo strato e magari arrivati al secondo strato si riscopre un nuovo ed entusiasmante punto di vista sul primo…così potrò fare trikonasana (la posizione del triangolo) per tutta la vita, ed ogni volta imparare qualcosa di nuovo, tutto sta solo nel saper ascoltare…
Ok, questo preambolo per dire che oggi voglio scrivere di un sutra di Patanjali ed interpretarlo come fino ad ora mi è stato possibile, cosciente che certamente ancora qualcosa mi sfugge ed in futuro arriverò ad una comprensione più profonda…ma questo è il bello!
Detto questo entriamo adesso nel dettaglio:
STHIRA e SUKHAM: il Sutra di Patanjali
Lo yoga descritto da Patanjali è un percorso verso una visione del mondo priva di preconcetti che possano annebbiare le nostre percezioni. Questi preconcetti possono essere di natura fisica, energetica, mentale o emozionale.
Nelle asana (il terzo stadio dello yoga secondo Patanjali) cominciamo a lavorare cercando di creare coerenza e chiarire la comunicazione con il nostro corpo fisico.
Contestualizzando il sutra sthira-sukham-asanam all’interno della raccolta di Patanjali dobbiamo considerare che in questa sede la parola asana non viene intesa, come comunemente facciamo, ossia come esercizio fisico di yoga Asana è la postura che dobbiamo assumere per meditare. Ne sono esempi swastikasana, siddhasana o padmasana.
Leggendo il termine asana in maniera più letterale questo assume il significato di “metodo di seduta,” ed in questa accezione viene allargato a tutte le tipologie di asana che conosciamo, comprese le inversioni quali sirshasana o sarvangasana.
Ok, ma come faccio ad essere sthira e sukham mentre faccio la mia pratica?
STHIRA e SUKHAM sul MATERASSINO – TRUCCHI DELLA PRATICA QUOTIDIANA
Stabilità e comodità nelle asana sono due aspetti che, per essere coltivati e mantenuti in modo costante, richiedono capacità di focalizzazione dell’attenzione e abilità nel portare degli aggiustamenti precisi, molto spesso impercettibili dall’esterno, al proprio corpo così come alla propria mente.
Riuscire ad esercitare questa attenzione nella pratica ci costringe ad uscire dal nostro usuale schema di movimento, di respiro e di pensiero, qualunque esso sia. Questo è uno degli aspetti trasformativi dello yoga, e forse la sorgente di quella sensazione di “ahhhhh,” dopo shavasana.
Ma se pensi all’ultima volte che sei stato sul materassino, quanto del tempo che hai passato praticando è stato al contempo stabile e confortevole, rilassato e vigile? …no, non sei da solo se non ne sei sicuro o preferisci non dirlo…lo yoga è una pratica, non è perfezione 😉
COSA EVITARE
Non portare nella tua pratica un atteggiamento competitivo del tipo “o lo faccio perfetto o me ne torno a casa,” finendo per “chiuderti” nelle posizioni invece di “chiudere” le posizioni. Non cercare di fare un chaturanga per aumentare i pettorali o avere un corpo più bello (che comunque è vero che succede). In questo modo perderai l’occasione di accordarti armonicamente con il tuo corpo così com’è, invece che come vorresti che fosse – tralasciando il fatto che aumenti il rischio di procurati degli infortuni. …troppo sthira…
Analogamente una pratica di asana rilassata e confortevole al punto da farti prestare maggiore attenzione al respiro di chi pratica sul materassino accanto invece di essere cosciente di come il peso del tuo corpo sia distribuito fra i tuoi piedi, la tua mente è distratta ed i tuoi pensieri vagano – e di nuovo aumenti il rischio di procurarti degli infortuni …troppo sukham…
COSA FARE
Allora come fai a sapere quando stai riuscendo ad avere il corretto e costante equilibrio fra sthira e sukham durante la tua pratica?
La prossima volta che ti metterai in una posizione yoga, dopo qualche respiro, lascia che la tua consapevolezza faccia un piccolo passo indietro. Evita di esagerare nell’analisi di dettaglio della tua postura – diamo per scontato che i tuoi piedi non cadano verso l’interno o simili – e osserva che cosa succede al tuo corpo. Guarda quello che c’è da guardare.
Stai respirando? Qual’è la qualità del tuo respiro? Senti eccessiva tensione o sforzo via via crescente in qualche punto particolare del tuo corpo o magari nel tuo umore? Il tuo cervello si è sconnesso dal tuo corpo e stai pensando al respiro della persona sul materassino accanto a te o a quello che farai appena terminata la lezione? …si, comunque è vero, quella 3 materassini in la respira che pare un trattore 😉
Tutti questi sono segnali che c’è qualcosa nella tua asana che è troppo sthira o troppo sukham.
E quando ti accorgi di queste cose celebra con te stesso: sei appena tornato al momento presente! Hai ricreato l’opportunità di riorganizzarti, riparti dal tuo respiro e torna ad una posizione stabile e confortevole – si, ci sono delle somiglianze con la meditazione…questo è yoga!
Lasciati ispirare nella tua pratica!
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